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Deduzione ACE: azioni proprie, derivati e finanziamenti infruttiferi

Ai fini della determinazione della base di calcolo dell’Aiuto alla Crescita Economica, l’individuazione degli aumenti agevolabili pone alcune criticità operative, con riguardo a peculiari voci di bilancio, come le azioni proprie, gli strumenti finanziari ed i finanziamenti infruttiferi. Sotto il primo profilo, l’art. 5, co. 4, ultimo periodo, D.M. 3.8.2017 stabilisce che l’eventuale incremento di patrimonio netto conseguente alla cessione di azioni proprie, pari all’eccedenza del prezzo di cessione rispetto al costo di acquisto delle stesse, rileva come variazione in aumento del capitale proprio di cui al precedente co. 2, lett. a). A questo proposito, si ricorda che, nel caso di cessione delle azioni proprie, l’eventuale differenza tra il valore contabile della voce A)X) “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” – pari al costo di acquisto delle stesse – e il valore di realizzo delle azioni alienate è imputata a incremento o decremento di un’altra voce del patrimonio netto (OIC 28, par. 39). Si rammenta, inoltre, che l’art. 6, co. 1, D.Lgs. 139/2015 ha sostituito il co. 3 dell’art. 2357-ter c.c., nel senso di stabilire che l’acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di eguale importo, tramite l’iscrizione nel passivo patrimoniale nell’apposita voce A)X) “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio”. In altri termini, a partire dal bilancio dell’esercizio iniziato dall’1.1.2016 – decorrenza prevista dall’art. 12, co. 1, D.Lgs. 139/2015 – le azioni proprie acquistate dalla società non sono più iscritte nell’attivo patrimoniale.

Strumenti finanziari derivati

L’art. 5, co. 8, lett. a), D.M. 3.8.2017 prevede che non assumono rilevanza – ai fini della determinazione della variazione in aumento di cui al precedente co. 2, lett. b), ovvero per effetto dell’accantonamento degli utili a riserve che non siano indisponibili – le riserve formate con utili derivanti dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati. Questa previsione si è resa necessaria sulla base delle peculiari regole previste dal codice civile, in ordine a questo tipo di riserve, secondo cui (art. 2426, co. 1, co. 11-bis, c.c.):

  • gli utili che derivano dalla valutazione al fair value di strumenti finanziari derivati non utilizzati con finalità di copertura non sono distribuibili, ma disponibili solo ad altri fini;
  • la riserva per operazioni di copertura di flussi finanziari attesi (voce A)VII) del patrimonio netto di cui all’art. 2424 c.c.) non è considerata nel computo del patrimonio netto per le finalità di cui agli artt. 2412, 2433, 2442, 2446 e 2447 c.c. e, se positiva, non è disponibile e non è utilizzabile a copertura delle perdite.

A tale riguardo, la Relazione illustrativa al D.M. 3.8.2017 chiarisce che – in considerazione del fatto che gli utili derivanti dalla valutazione al fair value di strumenti finanziari derivati sono influenzati da fenomeni meramente valutativi – si è ritenuto necessario sterilizzare gli effetti di tali valutazioni, a prescindere dalle modalità di contabilizzazione in bilancio, dall’attivazione delle tecniche contabili di copertura e dal regime di disponibilità ACE delle riserve stesse. In particolare, con riferimento alle ipotesi di copertura di fair value, è precisato che la quota di utili non esclusa dagli incrementi di capitale proprio rilevanti è determinata compensando gli effetti della valutazione dello strumento finanziario derivato e quelli dello strumento sottostante. In altri termini, soltanto nel caso in cui le oscillazioni positive del derivato siano superiori a quelle negative del sottostante, si registra un utile che deve essere neutralizzato ai fini della disciplina ACE.

Finanziamenti infruttiferi

L’art. 5, co. 5, ultimo periodo, D.M. 3.8.2017 dispone che “l’incremento di patrimonio netto derivante da finanziamenti infruttiferi o a tasso diverso da quello di mercato erogati dai soci a favore delle società di cui all’art. 2 non assume rilevanza ai fini della determinazione della variazione in aumento di cui alla lettera a) del comma 2”. A questo proposito, la Relazione illustrativa al D.M. 3.8.2017 sottolinea che tale disposizione regolamenta l’effetto, ai fini dell’agevolazione, della nuova modalità di contabilizzazione – prevista dai principi contabili nazionali OIC 15 e OIC 19 – dei prestiti infruttiferi erogati dal socio: in tale ipotesi, infatti, il criterio del costo ammortizzato e dell’attualizzazione implica, in determinati casi, la rilevazione da parte della società beneficiaria di un apporto figurativo a patrimonio netto, cui farà fronte la rilevazione di interessi passivi figurativi, a conto economico, lungo la durata del prestito. La Relazione illustrativa al D.M. 3.8.2017 osserva altresì che “la ricostruzione giuridico-formale dell’operazione, cui si ispira l’ACE, non sarà mai interessata – fermo restando atti aggiuntivi di rinuncia da parte dei creditori – dalla conversione del debito in capitale, poiché il dato contrattuale impone la restituzione delle somme prestate”. In virtù di tale ricostruzione, considerazioni di carattere sistematico hanno comportato la previsione di cui all’art. 5, co. 5, D.M. 3.8.2017, che dispone l’irrilevanza dell’apporto registrato in bilancio a fronte dei prestiti infruttiferi: questo principio, naturalmente, si applica anche alle ipotesi in cui i prestiti infragruppo siano contratti ad un tasso nominale diverso, in misura significativa da quello di mercato.

Coerentemente con tale previsione, è stato integrato il co. 2 dell’art. 10, D.M. 3.8.2017, escludendo tra le ipotesi di sterilizzazione dell’agevolazione – a causa dei conferimenti operati a favore di altri soggetti del gruppo – l’incremento del valore delle partecipazioni registrato dal socio che pone in essere l’operazione di finanziamento in un’altra società del gruppo. L’apporto, imputato ad incremento della partecipazione, iscritto dal finanziatore deve essere considerato anch’esso come parte integrante del finanziamento, ai fini dell’art. 10, co. 3, lett. c), D.M. 3.8.2017.