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Criticità previdenziali per il dipendente-amministratore

Nell’ordinamento giuridico nazionale, non sono contenute peculiari disposizioni che vietano ad una società di conferire l’incarico di amministratore ad un proprio dipendente: conseguentemente, si dovrebbe ritenere che tale possibilità sia legittimamente invocabile, salvi alcuni casi particolari, come quello in cui la nomina ricada sull’amministratore unico (Cass. 24188/2006). Al ricorrere di tale eventualità, si dovrebbe ritenere esclusa la possibilità che tale soggetto sia pure dipendente dell’impresa gestita, in quanto verrebbe a mancare l’effettivo assoggettamento al potere direttivo e disciplinare di altri, che rappresenta, invece, il requisito tipico del vincolo di subordinazione (Cass. n. 13009/2003 e n. 894/1998). Diversamente, qualora l’incarico di amministratore unico e dipendente siano riuniti nella medesima persona, non è configurabile un valido rapporto di lavoro subordinato, con la conseguente indeducibilità dei relativi costi sostenuti dalla società: l’art. 95 del D.P.R. 917/1986 contempla, infatti, la rilevanza – ai fini della determinazione del reddito d’impresa – delle spese di lavoro dipendente e dei compensi degli amministratori, ma non di quelli dell’imprenditore individuale, a cui la predetta giurisprudenza di legittimità assimila la figura dell’amministratore unico (Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Circolare 13/2010). Il medesimo principio dovrebbe ritenersi operante anche nel caso in cui la gestione sia affidata ad un organo collegiale, e non monocratico, i cui componenti siano tutti dipendenti della medesima impresa amministrata.

La tematica non risulta ancora espressamente affrontata dall’Agenzia delle Entrate, a differenza della Suprema Corte, che – al di fuori delle predette ipotesi – ritiene ammissibile la nomina ad amministratore non unico di un dipendente della società, purchè risulti soddisfatta una condizione: la funzione gestoria è limitata ai soli poteri di ordinaria amministrazione, mentre la parte straordinaria – e, quindi, di direzione, controllo e disciplinare sull’attività del lavoratore subordinato – compete alla collegialità del consiglio di amministrazione (Cass. 1490/2000 e 12283/1998). È il caso, ad esempio, dell’amministratore delegato, oppure del presidente dell’organo di gestione privo di poteri deliberativi, e munito della sola rappresentanza esterna e delle funzioni esecutive per cui, nella veste di dipendente, risponde del proprio operato all’organo collegiale (Cass. 7465/2002 e 706/1993). In tal senso, si veda anche la recente Cass. 36362/2021, in tema di imposte sui redditi, secondo cui il rapporto di lavoro dipendente in una società di capitali è incompatibile con la carica di presidente del consiglio di amministrazione della stessa, o di amministratore unico, qualora ricorra una condizione: il cumulo nel medesimo soggetto dei poteri di rappresentanza, direzione, controllo e disciplina dell’impresa renda impossibile la diversificazione delle mansioni di lavoro dipendente rispetto a quelle gestorie, che rappresenta l’elemento essenziale e inderogabile del vincolo di subordinazione.

Il predetto orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato, non è, tuttavia, condiviso dall’Inps (Circolare 179/1989 e messaggio 3359/2019), che – in occasione della richiesta formulata dal dipendente-amministratore, in merito all’erogazione del trattamento pensionistico – nega, invece, la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato in capo al soggetto che rivesta altresì, nell’ambito della medesima impresa, una delle seguenti funzioni gestorie: amministratore unico; amministratore delegato; presidente del consiglio di amministrazione; mero componente dell’organo collegiale, ma detentore anche della maggioranza del capitale sociale della medesima impresa amministrata. È, in ogni caso, ammessa la prova contraria, ovvero che il dipendente è stato assunto per svolgere attività diverse da quelle proprie di amministratore, in base ad un atto – formatosi in assenza di conflitto d’interessi (Cass. 1793/1996) – contenente alcune specifiche informazioni: in particolare, la qualifica dirigenziale ed il nominativo della persona a cui il lavoratore subordinato è gerarchicamente sottoposto.