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Affitto d’azienda, ammortamenti e accantonamenti

La deducibilità dei costi relativi al deperimento dei beni è disciplinata da criteri differenti, a seconda del regime civilistico adottato: ordinario (c.d. convenzionale)[1], oppure derogatorio. Nel primo caso, l’affittuario ha l’obbligo di conservare l’efficienza organizzativa e degli impianti dell’azienda e di liquidare al concedente, al termine del contratto, un conguaglio in denaro per l’eventuale perdita di valore sofferta dall’azienda affittata. Conseguentemente, l’ammortamento dei beni affittati, pur rimanendo iscritti nella contabilità del concedente, non è effettuato da quest’ultimo: al contrario, l’affittuario opera degli accantonamenti ad uno specifico fondo di ripristino o reintegrazione, la cui entità corrisponde alle quote di ammortamento individuate in base ai coefficienti riportati nel D.M. 31 dicembre 1988[2]. Tali accantonamenti sono commisurati al costo originario[3] dei beni, così come risulta dal registro dei beni ammortizzabili, e deducibili dal reddito d’impresa[4], sino a concorrenza del costo non ancora ammortizzato presso il concedente, il quale sospende, quindi, il processo di ammortamento dei beni locati. Con l’effetto che l’affittuario deve prendere visione del registro dei cespiti ammortizzabili del concedente, e tenere un proprio registro dei beni ammortizzabili, sul quale devono essere annotati i dati riguardanti i singoli beni strumentali[5]: in mancanza, le quote di ammortamento si considerano già dedotte nella misura del 50%[6].

Il corrispondente costo, stanziato sulla base delle aliquote di ammortamento previste dal D.M. 31 dicembre 1988, è deducibile per competenza anche ai fini IRAP[7], ancorché qualificato come un accantonamento (voce B)13) del Conto economico), mediante un’apposita variazione in diminuzione, come confermato dall’Agenzia delle entrate[8], per alcuni specifici motivi: in primo luogo, tale accantonamento, imputato annualmente in bilancio, ha la funzione economica di contrapporre ai ricavi conseguiti nell’esercizio – derivanti dall’utilizzo dei beni aziendali affittati – l’onere relativo al ripristino di valore dei cespiti locati maturato nel periodo stesso. A ciò si aggiunga che assume, inoltre, fondamentale rilevanza la peculiarità di questi accantonamenti, che sono effettuati a fronte di costi sostenuti al momento della restituzione dell’azienda affittata: in particolare, devono essere effettuati “sulla base di elementi oggettivi e valida documentazione”, come previsto dai principi contabili nazionali[9], al fine di ripristinare i beni nello stato in cui devono essere restituiti al termine dell’affitto d’azienda.

A seguito della cessazione del contratto d’affitto d’azienda, il concedente – qualora decida di proseguire l’esercizio dell’attività – dovrà ripartire dagli stessi valori fiscali risultanti in capo all’affittuario[10].

Qualora le parti decidano di derogare al regime “convenzionale”, previa indicazione in contratto, l’affittuario non è tenuto a conservare il valore dei beni aziendali, con conseguente esclusione dell’obbligo di corresponsione di conguagli tra le parti. L’ammortamento dei beni affittati è, pertanto, effettuato dal concedente, che – se è un soggetto differente dall’imprenditore individuale che ha affittato la sua unica azienda[11] – deduce le relative quote secondo i criteri ordinari, mentre nessun accantonamento è operato dall’affittuario[12]. L’autonomia contrattuale delle parti può, quindi, risolvere molte incertezze sulla portata della deroga di cui all’art. 2561, co. 2, c.c., poiché nell’atto d’affitto è possibile stabilire il soggetto obbligato alla manutenzione straordinaria ed ordinaria, quello tenuto alla sostituzione dei beni, l’intesa su acquisti di nuovi beni e le cessioni di beni già presenti, nonché le modalità di determinazione dei conguagli (a valori reali o contabili, ecc.).

 

[1] Artt. 2562 e 2561, co. 2, c.c.

[2] DRE Emilia-Romagna 5 aprile 2002, n. 909-16127.

[3] A parere della circolare Assonime n. 31 del 9 novembre 2012, andrebbe, tuttavia, chiarito, o confermato, se tali accantonamenti effettuati dall’affittuario siano integralmente deducibili ai fini IRAP anche nel caso in cui vengano calcolati sui valori patrimoniali correnti, e non quelli storici, e dunque in misura superiore a quelli operati in precedenza dalla concedente.

[4] Artt. 102, co. 8, e 103, co. 4, del D.P.R. 917/1986; Cass. 20 luglio 2020, n. 16180; Id., 8 marzo 2019, n. 6836; Id., 10 agosto 2010, n. 18537; Id., 15 gennaio 2007, n. 675; Id., 24 gennaio 2001, n. 997.

[5] DRE Emilia-Romagna nota 7 ottobre 1996, n. 42049.

[6] Art. 102, co. 8, del D.P.R. 917/1986.

[7] Art. 5 del D.Lgs. 446/1997.

[8] Agenzia delle entrate, nota 2 dicembre 2011, n. 954-164620/2011; circolare 20 giugno 2012, n. 26/E, par. 5: “si ritiene che tali oneri, rispondendo ad adempimenti specificamente e dettagliatamente previsti nei principi contabili e sfuggendo alla valutazione soggettiva degli amministratori, concorrano alla formazione del valore della produzione nell’esercizio di competenza. Di conseguenza, gli accantonamenti in argomento, sebbene indicati in una voce non rilevante ai fini IRAP, sono deducibili, in ciascun periodo d’imposta, attraverso l’effettuazione di una variazione in diminuzione in sede di dichiarazione”.

[9] OIC 31, “Esempi relativi alle principali tipologie di fondi per rischi e oneri”, par. 32.

[10] DRE Emilia-Romagna nota 7 ottobre 1996, n. 42049; DRE Emilia-Romagna 5 aprile 2002, n. 909-16127.

[11] Al ricorrere dell’ipotesi dell’imprenditore individuale che ha affittato l’unica azienda, non è consentita al concedente la deduzione delle quote di ammortamento: il beneficio fiscale ascrivibile al deperimento dei beni affittati sarà, tuttavia, recuperabile in sede di eventuale cessione dell’azienda locata, in quanto il costo fiscalmente riconosciuto sarà più elevato – non essendo stato decurtato degli ammortamenti tributari – comportando, quindi, il conseguimento di una minore plusvalenza imponibile, ovvero di una maggiore minusvalenza deducibile.

[12] Nel caso di deroga all’art. 2561, co. 2, c.c., non è, pertanto, applicabile l’art. 102, co. 8, del D.P.R. 917/1986.