L’art. 60 del D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15.7.2022, stabilisce che il quorum, affinchè l’accordo di ristrutturazione dei debiti sia omologabile, è ridotto dal 60% al 30%, se il debitore rispetta due specifiche condizioni:
- non propone la moratoria dei creditori estranei agli accordi;
- non ha richiesto, e rinuncia a domandare, misure protettive temporanee.
Si tratta di una novità che pone, tuttavia, dubbi in merito all’effettivo seguito e successo della stessa, per diversi motivi, anche di natura tecnica: ad esempio, si consideri che la moratoria dei creditori estranei all’intesa non è un elemento proponibile dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, a differenza di quanto avviene, per i creditori privilegiati, nel concordato preventivo con continuità aziendale (art. 86 del D.Lgs. 14/2019). Costituisce, infatti, un “accessorio” dell’istituto, previsto ex lege dall’art. 57, co. 3, del D.Lgs. 14/2019, la cui osservanza – l’idoneità ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei nei 120 giorni – è condizione di procedibilità dell’istanza. Al di là di possibili profili formali, gli accordi agevolati pongono criticità ben più evidenti:
- la necessità di disporre di liquidità sufficiente per pagare alle naturali scadenze, senza ritardi, i creditori estranei all’intesa, che potrebbero, quindi, essere il 70% dei debiti, nella peggiore delle ipotesi, ovvero di creditori aderenti per il minimo del 30%;
- trovarsi in una situazione in cui si sono appena manifestati i sintomi di crisi, che non sono, pertanto, ancora noti all’esterno, ovvero non avere alcuna tensione finanziaria con i creditori.
L’accordo di ristrutturazione agevolato sembrerebbe, quindi, fondarsi su presupposti molto simili a quelli del piano attestato di risanamento (art. 56 del D.Lgs. 14/2019) – assenza di moratoria legale dei creditori, e impossibilità di richiedere misure protettive – ma con alcuni elementi differenziali significativi, come la possibilità di contrarre finanziamenti prededucibili, ai sensi degli artt. 99, 101 e 102 del D.Lgs. 14/2019, nonché di formulare una proposta di transazione fiscale e contributiva (art. 63 del D.Lgs. 14/2019). Quest’ultima disposizione riproduce i medesimi principi delineati dall’art. 182-ter, co. 5 e 6, del R.D. 267/1942 con riguardo agli accordi di ristrutturazione dei debiti. L’unica novità di rilievo, oltre alla valutazione di convenienza rispetto alla liquidazione giudiziale e non più alle alternative concretamente praticabili, è rappresentata dalla fissazione del termine di 90 giorni, decorrenti dal deposito della proposta di transazione fiscale, entro il quale deve pervenire l’eventuale adesione: trascorso inutilmente tale periodo, il consenso all’accordo si ritiene mancante, rilevando ai fini dell’art. 63, co. 2-bis, del D.Lgs. 14/2019. Sul punto, si segnala che tale norma consente comunque al tribunale di omologare l’accordo di ristrutturazione dei debiti anche in mancanza di adesione da parte dell’Amministrazione Finanziaria, decisiva ai fini del raggiungimento del quorum ordinario del 60% – stabilito dall’art. 57, co. 1, del D.Lgs. 14/2019 – o di quello agevolato del 30% (art. 60, co. 1, del D.Lgs. 14/2019), se la proposta di soddisfacimento dell’Amministrazione Finanziaria risulta, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.