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Affitto d’azienda con trasferimento del plafond dell’esportatore abituale

L’art. 8, co. 4, del D.P.R. 633/1972 riconosce la possibilità di trasferire, in capo all’affittuario, la facoltà maturata dal concedente di acquistare beni e servizi per cessioni all’esportazione senza pagamento dell’imposta di cui al precedente co. 3: si tratta, quindi, del diritto riservato al c.d. esportatore abituale, ovvero al soggetto passivo IVA che ha effettuato cessioni all’esportazione ed operazioni intracomunitarie in misura superiore al 10% del volume d’affari, in virtù del quale può acquistare od importare beni – diversi dalle aree edificabili e dai fabbricati – e ricevere prestazioni di servizi senza l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (art. 8, co. 1, lett. c), del D.P.R. 633/1972).

Il predetto trasferimento, a beneficio dell’affittuario, è, tuttavia, subordinato alla condizione che il contratto di affitto d’azienda preveda espressamente il subentro, che deve essere altresì comunicato, entro 30 giorni dall’atto, all’Agenzia delle Entrate. Con riferimento all’assolvimento di quest’ultimo adempimento, la norma continua a richiedere la lettera raccomandata: in realtà, come precisato anche nel corso della risposta all’interrogazione parlamentare 5-02385/2010, è sufficiente trasmettere una dichiarazione di variazione dei dati IVA. In particolare, se il concedente è un imprenditore individuale deve selezionare la casella 5 (“Affitto dell’unica azienda”) della sezione 3 del quadro E del modello AA9/12, qualora abbia locato l’unica azienda, oltre a compilare la casella 2 quadro A. Nell’ipotesi in cui anche l’affittuario sia una persona fisica, deve utilizzare il medesimo modello, barrando la precedente casella 4 (“Acquisizione di azienda in affitto”) della sezione 3 del quadro E, indicando altresì il codice fiscale del concedente, se diverso da una persona fisica, altrimenti la partita IVA dello stesso. Anche l’affittuario è tenuto a compilare il quadro A, e precisamente la casella 1 se ha iniziato l’attività per effetto dell’acquisizione in affitto dell’azienda, oppure la 2 se si tratta semplicemente di una variazione dei dati. Diversamente, nel caso di soggetti giuridici, deve essere predisposto il modello AA7/10, a cura del solo affittuario, barrando la casella 4 (“Acquisizione di azienda in affitto”) della sezione 3 del quadro D, esponendo il codice fiscale del concedente, oltre a compilare il quadro A.

Peraltro, più recentemente la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la mancata comunicazione all’ufficio IVA competente per territorio del trasferimento del plafond in conseguenza dell’acquisizione di un’azienda in affitto, non costituisce una violazione di natura sostanziale, ma esclusivamente formale. Tale informazione, infatti, è già nota all’Amministrazione Finanziaria, in quanto presente nel contratto stipulato fra le parti e regolarmente registrato (Cass. 19366/2018). La previsione di una doppia comunicazione derivava plausibilmente dal fatto che, al tempo dell’introduzione dell’art. 8 co. 4 del D.P.R. 633/1972, erano previsti due uffici distinti: l’ufficio registro e l’ufficio IVA. Attualmente, invece, mediante la registrazione del contratto di affitto d’azienda, l’Amministrazione finanziaria può disporre dei dati necessari a un’effettiva attività di controllo. Inoltre, l’omessa comunicazione non ha l’effetto di incidere sulla determinazione della base imponibile IVA e sul versamento del tributo. L’utilizzo del plafond IVA da parte della società non comporta, infatti, un danno per l’Erario posto che la sua mancata utilizzazione avrebbe avuto, piuttosto, l’effetto di aumentare il credito IVA esigibile da parte della stessa società.

Si segnala, infine, che – coerentemente con la formulazione letterale dell’art. 8, co. 4, del D.P.R 633/1972 – non è necessario, ai fini del subentro nel plafond dell’esportatore abituale, anche il trasferimento dei crediti dal concedente all’affittuario: tale orientamento è stato, peraltro, confermato nella predetta risposta parlamentare, superando, quindi, la precedente posizione dell’Agenzia delle Entrate, che aveva, invece, ritenuto indispensabile il trasferimento dei “rapporti con la clientela, oltre all’università costituente l’intera azienda” (R.M. 450173/1992). In altri termini, deve ritenersi sufficiente l’osservanza delle condizioni poste dalla predetta disposizione del Decreto IVA, che non prevede l’obbligo di trasmissione di tutti i rapporti con la clientela: ferma restando, in ogni caso, la facoltà dell’Amministrazione Finanziaria di contestare eventuali profili elusivi connessi all’operazione.