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Transazione fiscale e sovraindebitamento

L’art. 182-ter, co. 1, del R.D. 267/1942 riconosce all’imprenditore in stato di crisi di proporre, esclusivamente con il piano di concordato preventivo, il pagamento parziale, o anche dilazionato, dei debiti tributari e previdenziali. È, tuttavia, necessario che la soddisfazione offerta non sia inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali insiste la causa di prelazione, indicato nella relazione di un professionista indipendente (art. 67, co. 3, lett. d), L.fall.). È, inoltre, previsto che, nel caso in cui sia proposto il pagamento parziale di un credito tributario o contributivo privilegiato, la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un’apposita classe.

La C.M. 16/E/2018, par. 6, ha ricordato che l’art. 182-ter del R.D. 267/1942 non è applicabile alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento dei soggetti non fallibili, per le quali rileva, invece, l’art. 7, co. 1, terzo periodo, della L. 3/2012, secondo cui “con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”. Questo principio di infalcidiabilità delle passività per IVA e ritenute effettuate non è, tuttavia, condiviso da alcuni giudici di merito (Trib. Pistoia 26.4.2017, Trib. Torino 7.8.2017 e Trib. Pescara 19.10.2017), anche in virtù di quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE 7.4.2016, causa C-546/14: “un imprenditore in stato di insolvenza può presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo, al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito IVA attestando, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di proprio fallimento”.

Il Tribunale di Udine, con ordinanza del 14.5.2018, ha sottoposto alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell’art. 7, co. 1, terzo periodo, L. 3/2012, limitatamente alle parole “all’imposta sul valore aggiunto”, con peculiare riguardo alla compatibilità con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), vista la possibilità di “falcidia” di ogni passività tributaria del debitore fallibile, riconosciuta dall’art. 182-ter del R.D. 267/942. In particolare, i magistrati friulani ritengono che tramite l’ablazione dell’art. 7, co. 1, terzo periodo, della L. 3/2012, “potrebbe riespandersi, in tutte le ipotesi di procedura concorsuale negoziata, il principio generale e razionale, per ciascuna di esse già vigente, per cui anche il credito IVA, come tutti i crediti privilegiati, può essere soddisfatto in misura parziale, purchè nei limiti del valore dei beni gravati”.

Questo orientamento è stato ritenuto condivisibile dalla Cort. Cost. 29.11.2019, n. 245, secondo cui – attesa l’affinità tra l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento e il concordato preventivo – la differenza di disciplina per il debitore non fallibile dà luogo a una ingiustificata disparità di trattamento ex art. 3 Cost., resa ancora più evidente se si considera che gli imprenditori agricoli, se si avvalgono degli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis L.fall.) con applicazione dell’art. 182-ter L.fall. in materia di transazione fiscale, possono ottenere la falcidiabilità dell’IVA. Diversamente, se si avvalgono dell’accordo di composizione della crisi, opera il divieto di falcidia dell’IVA. Inoltre, il D.Lgs. 14/2019, recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in vigore dall’1.9.2021, per le nuove procedure di sovraindebitamento, non prevede il divieto di falcidia dell’IVA. L’ingiustificata differenza di trattamento implica l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., dell’art. 7, co. 1 terzo periodo della L. 3/2012, limitatamente alle parole: “all’imposta sul valore aggiunto”.

Per quanto concerne, invece, gli adempimenti dell’Agenzia delle Entrate e del Concessionario della Riscossione, la C.M. 16/E/2018, par. 6, ha rinviato alla precedente C.M. 19/E/2015, par. 4.3.