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La valutazione delle partecipazioni immobilizzate nel bilancio d’esercizio

La determinazione dell’importo da attribuire alla partecipazione, iscritta tra le immobilizzazioni finanziarie dell’attivo patrimoniale, è disciplinata, in primo luogo, dall’art. 2426, co. 1,  nn. 1) e 3), c.c.: la quota sociale deve essere iscritta al costo di acquisto – per le partecipazioni in imprese controllate e collegate è, tuttavia, ammesso il criterio del patrimonio netto (art. 2426, co. 1, n. 4), c.c.) – comprensivo degli oneri accessori (OIC 21, par. 21), quali, ad esempio, commissioni, spese, imposte di bollo e registro, costi di intermediazione bancaria e finanziaria in genere. Nel caso di operazioni che comportano il trasferimento significativo di partecipazioni di controllo, gli oneri accessori possono, inoltre, comprendere i costi di consulenza corrisposti a professionisti per gli studi di fattibilità e convenienza all’acquisto, nonché a titolo di predisposizione dei contratti riguardanti la transazione. Sono, invece, esclusi eventuali oneri finanziari da dilazione di pagamento. Qualora il pagamento sia differito a condizioni diverse rispetto a quelle normalmente praticate sul mercato, per operazioni similari oppure equiparabili, le partecipazioni sono iscritte in bilancio al valore corrispondente al debito determinato ai sensi dell’OIC 19 maggiorato degli oneri accessori (OIC 21, par. 21A).

Le partecipazioni, in quanto immobilizzate, sono valutate singolarmente, attribuendo a ciascuna quota il costo specificamente sostenuto: in caso di cessione di una parte di un portafoglio partecipazioni acquistato in date diverse, a prezzi differenti, il riferimento generale per la definizione del costo delle partecipazioni cedute è il costo specifico. È, tuttavia, ammesso il ricorso ai metodi del Fifo, Lifo e costo medio ponderato di cui all’art. 2426, co. 1, n. 10), c.c. (OIC 21, par. 28).

Nell’ipotesi in cui, alla data di chiusura dell’esercizio, il valore della partecipazione risulti durevolmente inferiore al costo di cui al punto precedente, è necessario operare una corrispondente svalutazione (art. 2426, n. 3), c.c.), da imputare alla voce D)19)a) del conto economico. La disciplina civilistica prescrive l’obbligo della svalutazione esclusivamente nel caso di perdita durevole, in quanto la partecipazione immobilizzata rappresenta un investimento destinato a mantenere nel tempo la propria funzione economica. Non vi è, pertanto, alcuna ragione per rettificare il costo, in presenza di un risultato negativo temporaneo della partecipata.

Il minor valore in parola non può, tuttavia, essere mantenuto nei successivi esercizi, se sono venuti meno i motivi della rettifica di valore: al ricorrere di tale ipotesi, è necessario incrementare il valore della partecipazione fino alla concorrenza, al massimo, del costo originario (OIC 21, par. 42). Il ripristino di valore può essere totale o parziale rispetto al valore precedentemente iscritto in bilancio, con la conseguenza che, qualora le ragioni dell’originaria svalutazione vengano meno, anziché per intero in un unico momento, gradualmente in più esercizi successivi, il ripristino di valore deve essere effettuato per l’ammontare corrispondente (OIC 21, par. 43).

La normativa vigente non indica, tuttavia, i criteri da utilizzare ai fini dell’individuazione della perdita durevole, ed alla puntuale determinazione della stessa.La verifica del carattere durevole della perdita deve essere operata, in primo luogo, sulla base di un’attenta analisi delle condizioni economico-finanziarie della partecipata, idonea ad accertare che i risultati negativi non sono episodici, né temporanei, bensì strutturali, e dunque tali da intaccarne la consistenza patrimoniale (OIC 31, par. 32).La natura durevole della perdita non ricorre, tuttavia, nel caso in cui la partecipata abbia predisposto piani aziendali tesi al recupero delle condizioni di equilibrio economico-finanziario o di redditività, con peculiarità tali da far ritenere, in modo fondato, che il risultato negativo ha carattere contingente (OIC 21, par. 38). È, pertanto, necessario che i suddetti programmi soddisfino i requisiti di concretezza, ragionevole possibilità di realizzazione (tecnica, economica e finanziaria) e brevità di attuazione. È, pertanto, indispensabile che tali piani operativi presentino le seguenti caratteristiche:

  • risultino da deliberazioni degli organi societari;
  • siano analitici, in modo da individuare con precisione gli elementi di intervento e i benefici – quantificati in termini economici – che da essi si attendono;
  • definiscano in modo esplicito il tempo entro cui il recupero dell’equilibrio economico è atteso, che deve comunque collocarsi in un arco ridotto di esercizi futuri.

È, poi, indispensabile che l’organo di amministrazione ne fornisca adeguata illustrazione nella nota integrativa al bilancio d’esercizio, indicando gli elementi caratterizzanti dei piani e programmi che consentiranno il recupero della perdita di valore, compresa la precisazione dei relativi tempi attesi.

Un ulteriore strumento di indagine può essere rappresentato da particolari situazioni che hanno causato ovvero accompagnato la perdita, come quelle interne (OIC 21, par. 33):

  • perdite operative divenute fisiologiche, derivanti da una struttura economica del ciclo costi/ricavi che cessa di essere remunerativa;
  • eccesso di costi fissi, non riducibili nel periodo di riferimento, in rapporto al volume d’affari;
  • obsolescenza tecnologica degli impianti o dei processi produttivi;
  • perdurante stato di tensione finanziaria, rispetto alla quale non sono prospettabili rimedi, eccessivamente oneroso per l’azienda.

Le motivazioni esterne possono, invece, riguardare la seguente casistica (OIC 21, par. 34):

  • crisi del mercato di riferimento, con previsioni di assestamento in direzione opposta a quella ritenuta utile dalla controllata. Nel caso di partecipazioni quotate, ai fini dell’obbligo di svalutazione, non è sufficiente un improvviso e generalizzato ribasso del valore di mercato, il quale può, peraltro, costituire un primo elemento segnaletico di valutazione di un’eventuale perdita durevole di valore (OIC 21, par. 36);
  • sostanziale contrazione dei prezzi di vendita, inadeguata rispetto ai costi produttivi e commerciali;
  • novità normative che incidono negativamente sulla redditività dell’impresa;
  • perdita di quote di mercato a favore di imprese concorrenti;
  • abbandono, da parte del mercato, dei prodotti dell’azienda a beneficio di altri.

Un ulteriore elemento di valutazione del carattere durevole della perdita può essere altresì rappresentato dalla circostanza che l’avviamento, pagato in sede di acquisto della partecipazione di controllo, risulta ridotto ovvero annullato.

È raccomandata l’adozione dei seguenti criteri di individuazione della perdita durevole:

  • partecipazioni quotate (immobilizzate): significativo ribasso del listino, che storicamente ha espresso un carattere di persistenza temporale, unito a negative condizioni economico-finanziarie della partecipata, che fanno fondatamente ritenere non possibile un’inversione di tendenza (OIC 21, par. 36);
  • partecipazioni non quotate (immobilizzate): deterioramento delle situazione economico-patrimoniale dell’emittente, attraverso risultati negativi d’esercizio, nonché sulla base di altri dati ed informazioni comunque acquisiti.

Le valutazioni degli amministratori in ordine all’esistenza o meno di una perdita di valore devono essere particolarmente accurate, prudenti e motivate.

La riduzione del capitale sociale per perdite costituisce un forte indizio della necessità di procedere a rilevare una svalutazione della partecipazione per perdite durevoli di valore: nel caso di aumenti di capitale deliberati a seguito di una riduzione dello stesso per perdite che abbiano i connotati della perdita durevole, si deve effettuare dapprima la riduzione del valore della partecipazione e, poi, il ripristino di valore della stessa, in misura corrispondente all’aumento del capitale eseguito. Qualora la società partecipante sia obbligata a coprire le perdite conseguite dalla partecipata, è necessario operare un apposito accantonamento ad un fondo del passivo patrimoniale, per la quota di competenza.

L’OIC 21, par. 39 precisa, inoltre, che se la quota è stata acquistata in sede di costituzione della società o di inizio dell’attività, e la partecipata – nella fase di avvio relativo al primo esercizio – consegue perdite, anche consistenti, è possibile non svalutare la partecipazione: la perdita non ha, infatti, carattere permanente, purchè dal successivo periodo amministrativo si possano trarre indicazioni di positivo cambiamento, tali da consentire il ripianamento delle perdite precedenti, e comunque i risultati e lo sviluppo dell’attività confermino i piani e i programmi aziendali.