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La scissione negativa

La scissione negativa ricorre quando il valore contabile delle attività della società scissa assegnate alla beneficiaria è inferiore al valore contabile delle passività trasferite alla stessa, pur potendo avere un valore economico positivo, per motivi diversi, ad esempio:

  • a causa della sottostima degli elementi patrimoniali relativi alle immobilizzazioni acquisite mediante contratti di leasing;
  • nei casi di ristrutturazioni aziendali aventi ad oggetto particolari rami aziendali che, a causa della rilevazione in bilancio di ingenti perdite su crediti, abbiano un valore contabile negativo, ma per i quali si presentino rilevanti sinergie a seguito di un trasferimento nell’eventuale beneficiaria, che ne permetta un rilancio nell’ampliamento del fatturato, nel risparmio dei costi o nel miglioramento della situazione finanziaria.

Il Comitato Triveneto dei Notai, con la massima L.E.1, ha riconosciuto la fattibilità della scissione negativa, purché sussistano alcune condizioni:

  • il valore economico del patrimonio trasferito è positivo, nonostante la somma algebrica del valore contabile delle attività e delle passività trasferite sia negativo;
  • la parte di patrimonio oggetto di scissione e avente valore contabile negativo non può “andare a costituire una nuova entità aziendale”, ma viene trasferito a favore di una società beneficiaria già esistente, che deve avere capitale sociale o riserve sufficienti per assorbire il patrimonio netto contabile negativo oggetto della scissione, oppure rilevare una minusvalenza per tale importo.

Il Consiglio Notarile di Roma ha considerato legittima l’effettuazione di una scissione “negativa” al ricorrere di almeno una delle seguenti circostanze:

  • il patrimonio assegnato, negativo dal punto di vista contabile, è positivo se considerato a ”valori correnti”, e si procede a rivalutare il netto patrimoniale, oggetto di assegnazione alla società beneficiaria, secondo il suo valore corrente, mediante la redazione di una perizia predisposta in modo analogo a quelle che si utilizzano a supporto di un conferimento in natura;
  • la scissione è a favore di una società beneficiaria preesistente il cui patrimonio netto presenti un saldo contabile positivo idoneo ad assorbire il patrimonio netto contabilmente negativo assegnato per scissione (senza cioè provocare nella società beneficiaria una situazione di perdita che riduca il capitale sotto il minimo legale);
  • la scissione è a scopo meramente liquidatorio.

La Cass. 26043/2013 ha ritenuto non ammissibile un’operazione di scissione mediante assegnazione ad una società neocostituita beneficiaria di elementi dell’attivo e del passivo della società scissa aventi valore negativo. Tale decisione è supportata dal presupposto per cui, non sussistendo in un’operazione straordinaria di scissione negativa alcun valore di cambio e, conseguentemente, non potendosi procedere ad una distribuzione di azioni a favore dei soci della società scissa, verrebbero meno i caratteri e le finalità tipiche della scissione. Ciò nonostante, i giudici della Suprema Corte hanno precisato che decorso inutilmente il termine di sessanta giorni dall’iscrizione nel registro imprese (senza che i creditori abbiano formulato opposizione) e dopo l’iscrizione dell’ultimo atto della scissione nel registro imprese, l’invalidità della scissione negativa non può comunque farsi valere in ossequio a quanto stabilito dall’art. 2504-quater c.c. richiamato dall’art. 2506-ter c.c.: conseguentemente, producendosi gli effetti di cui al disposto dell’art. 2506-quater, co. 3, c.c., l’insolvenza della società scissa e quella della beneficiaria andranno valutate separatamente, tenendo conto, quindi, delle voci patrimoniali di ciascuna società, nonché dei limiti di responsabilità in relazione, rispettivamente, alle obbligazioni transitate nel patrimonio della beneficiaria e quelle rimaste in capo alla scissa.