placeholder

Informativa e valutazione della crisi d’impresa

Prima dell’approvazione della L. 155/2017, avente ad oggetto la delega per la riforma della disciplina concorsuale (poi attuata dal D.Lgs. 14/2019), il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha pubblicato, in data 2.11.2015, un documento riguardante la “Informativa e valutazione nella crisi d’impresa”, che definisce quest’ultima sulla base dell’incapacità corrente dell’azienda di generare flussi di cassa, presenti e prospettici, sufficienti a garantire l’adempimento delle obbligazioni già assunte e di quelle pianificate.

Tale definizione implica, tuttavia, alcuni passaggi fondamentali inerenti a:

  • centralità della dimensione finanziaria, sia attuale che futura, attraverso il riferimento ai cash flow anche attesi;
  • estensione alle obbligazioni non ancora assunte, ma prevedibili nel normale corso di attività, oppure in base alla programmazione aziendale.

Dati utilizzabili

Il documento CNDCEC ritiene che, nonostante i modelli di accertamento della crisi d’impresa maggiormente utilizzati dai professionisti facciano ampio utilizzo di valori iscritti in bilancio, deve essere adeguatamente valutato l’esclusivo riferimento a dati contabili storici oppure ad indicatoriper l’apprezzamento degli equilibri finanziari d’azienda. Infatti, un’impostazione backward looking,basata sull’esperienza passata cristallizzata nei prospetti contabili, risulta insufficiente, poiché non consente di scontare le aspettative di evoluzione futura dell’azienda.

Inoltre, i quozienti di bilancio su dati storici possono essere fuorvianti, in quanto troppo diversi per i vari settori e le classi dimensionali, ed estremamente connessi con le peculiarità del sistema economico-sociale in cui opera l’azienda oggetto di analisi. L’introduzione di simili parametri potrebbe, inoltre, favorire politiche di bilancio, estremamente pericolose per i soggetti a vario titolo coinvolti nell’attività aziendale.

Visione prospettica

Il documento CNDCEC accorda, pertanto, preferenza ad un’ottica prospettica e di programmazione, sul presupposto che soltanto una pianificazione a medio termine può rilevare in modo efficace uno stato di crisi, confermandone la definitività o anticipandone gli esiti.

L’adozione di un simile approccio, oltre a richiedere il ricorso a professionalità anche esterne all’azienda, avrebbe il pregio di introdurre una logica di programmazione molto utile per numerose piccole e medie imprese.

Approccio sistemico

Il documento CNDCEC precisa altresì che devono essere privilegiati piani costruiti con rigore e, preferibilmente, su base inerziale dello status: tale soluzione consente, infatti, di prescindere dalla valutazione di complesse azioni industriali, inevitabilmente opinabili e di più difficile verificabilità. In ogni caso, i piani industriali dovrebbero sempre essere accompagnati da un’accurata analisi di scenari alternativi (c.d. stress test) che, accanto all’ipotesi prudenziale di base, contemplino i flussi previsionali associati ad una potenziale evoluzione peggiorativa (c.d. worst case analysis) delle principali variabili macroeconomiche, di settore ed economico-finanziarie d’azienda.

Le conclusioni raggiunte impongono un’impostazione sistemica in grado di sintetizzare i dati disponibili ed esaminarli in una logica unitaria tipicamente aziendalistica. In quest’ottica, occorre partire dai dati storici, anche attraverso indicatori, per poi inquadrarli e collegarli con la pianificazione aziendale, per verificarne la coerenza e la capacità delle future scelte aziendali di superare eventuali deficienze già individuate o previste.

Strumenti prioritari

Il metodo di privilegiare le prospettive aziendali non è privo di riflessi sull’adozione degli strumenti di indagine che, tuttavia, devono pur sempre confluire ed essere espressione di una visione di sintesi unitaria dell’azienda esaminata. In tal senso, secondo il CNDCEC assumono rilievo prioritario:

  • la capacità di ripianare il debito finanziario tramite i flussi di cassa generati dalla gestione operativa, che può essere rappresentata dal rapporto tra il Margine Operativo Lordo e la Posizione Finanziaria Netta aziendale;
  • l’indebitamento potenziale, residuo e prospettico. Ad esempio, la Centrale Rischi può fornire prime indicazioni sul livello di utilizzo storico degli affidamenti, mentre gli eventuali accordi con istituti di credito o committment dei soci o di terzi possono rafforzare le aspettative in termini di ulteriori risorse disponibili;
  • il confronto tra la struttura dei costi aziendali ed il punto di break even con i ricavi attuali o attesi.

L’analisi permette di cogliere l’esposizione a rischi commerciali, rappresentati da variazioni dei mercati di sbocco, ma anche di individuare altre criticità: ad esempio, qualora i piani aziendali prevedano il raggiungimento del break even mediante incremento significativo nel fatturato, tale circostanza indebolirebbe l’attendibilità delle previsioni, imponendo approfondimenti ed ulteriori verifiche.

Novità 2019

I suddetti principi sono stati recepiti dall’art. 2 del D.Lgs. 14/2019 – formalmente in vigore dal 15.8.2020, ma costituente già un valido principio interpretativo – che definisce la crisi come lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per l’impresa si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici ad adempiere regolarmente le obbligazioni pianificate: il piano industriale e finanziario riveste, quindi, un ruolo centrale nell’individuazione della c.d. insolvenza prospettica.

I criteri di accertamento di tale concetto di crisi sono ulteriormente precisati dall’art. 13, co. 1, del D.Lgs. 14/2019, che ricorre all’utilizzo di specifici indici idonei a fornire evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi, e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso oppure, quando la durata residua del periodo amministrativo al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi seguenti.  Ai suddetti fini, sono considerati indici significativi quelli che misurano la sostenibilità dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi.