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Il piano di concordato preventivo con continuità aziendale

L’art. 186-bis del R.D. 267/1942 riconosce al debitore la facoltà di presentare un ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, in base ad un piano che prevede la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio oppure il conferimento della stessa in una o più società, anche di nuova costituzione.

L’accesso a tale forma di concordato preventivo è subordinato alla congiunta soddisfazione di alcune condizioni: in primo luogo, è necessario che il piano concordatario – contenente la dettagliata descrizione delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta – riporti anche un’analitica indicazione dei ricavi e dei costi attesi dalla prosecuzione dell’attività dell’impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e dei corrispondenti strumenti di copertura. È altresì richiesto che la relazione del professionista indipendente di cui all’art. 161, co. 3, L. fall., concernente la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano concordatario, attesti che la prosecuzione dell’attività dell’impresa è funzionale alla migliore soddisfazione dei creditori.

L’art. 186-bis, co. 2, lett. c), L. fall. stabilisce, inoltre, che il piano di concordato in continuità aziendale può prevedere una moratoria – fino a due anni dall’omologazione – per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno od ipoteca, salvo che sia prevista la cessione dei beni o diritti sui quali sussiste la predetta prelazione.

Il concordato in continuità aziendale è pure soggetto all’art. 169-bis L. fall., che riconosce al debitore la facoltà di richiedere l’autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dei rapporti giuridici pendenti alla data di presentazione del ricorso. Tale disciplina generale deve essere coordinata con quella speciale introdotta dall’art. 186-bis, co. 3, L. fall., secondo cui i contratti in corso di esecuzione all’atto del deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura: eventuali patti contrari devono, pertanto, ritenersi inefficaci, così come quelli che prevedono, quale clausola risolutiva del rapporto, anche solo il mero deposito della domanda di concordato. In particolare, è espressamente contemplata – a norma del novellato art. 38, co. 1, lett. a), del D.Lgs. 163/2006 – la prosecuzione dei contratti pubblici, anche in capo alla società cessionaria o conferitaria cui siano trasferiti, qualora il professionista di cui sopra abbia attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento.