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Il piano attestato di risanamento

L’art. 67 co. 3 lett. d) del RD 267/1942, in vigore sino al 15.5.2022, stabilisce l’esclusione dall’azione revocatoria fallimentare degli atti, dei pagamenti e delle garanzie concesse sui beni del debitore, qualora siano stati posti in essere in esecuzione di un piano:

  • idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria della stessa;
  • caratterizzato dalla veridicità dei dati aziendali e fattibile, così come attestato da un professionista iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti per la nomina a curatore fallimentare di cui all’art. 28 co. 1 lett. a) e b) del RD 267/1942 (avvocati, dottori e ragionieri commercialisti, nonché studi professionali associati e società tra professionisti i cui soci appartengono ad una delle predette categorie). La designazione di tale professionista “attestatore” deve essere effettuata dal debitore, tra soggetti connotati dal requisito dell’indipendenza sia dal debitore che da ogni altro interessato alla sottostante operazione di risanamento.

Il piano attestato di risanamento costituisce, pertanto, lo strumento nel quale sono rappresentate le azioni strategiche ed operative attraverso cui un’impresa si prefigge di rimuovere lo stato di crisi: può fondarsi anche su accordi con i principali creditori, tipicamente le banche, al fine di ristrutturare l’indebitamento, ancorchè ciò non sia attualmente richiesto dalla normativa vigente.