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Forma del finanziamento dei soci e imposta di registro

Il finanziamento dei soci può perfezionarsi verbalmente, tramite scrittura privata registrata, ovvero mediante scambio di corrispondenza tra il socio e la partecipata.

Le parti possono liberamente scegliere di formalizzare l’erogazione del finanziamento secondo le modalità ritenute opportune, fermo restando che dalla forma contrattuale prescelta discendono specifici obblighi ai fini dell’imposta di registro:

  • proporzionale (3%), in presenza di una scrittura privata (art. 9 della Tariffa, Parte I del D.P.R. 131/1986);
  • fissa (euro 200), e soltanto in caso d’uso, se la concessione del finanziamento è prevista da uno scambio di corrispondenza tra il socio e la partecipata;
  • esclusa, se il finanziamento è stato perfezionato verbalmente (art. 3, co. 1, del D.P.R. 131/1986).

Il finanziamento dei soci che non è soggetto ad imposta di registro, perché effettuato sulla base di intese verbali o con scambio di corrispondenza, rientra comunque nell’ambito di applicazione del principio dell’enunciazione previsto dall’art. 22 del D.P.R. 131/1986, secondo cui “se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate”. Conseguentemente, alcuni atti societari precedentemente non sottoposti all’imposta di registro devono, poi, scontare il tributo, qualora vengano enunciati successivamente in un atto soggetto a registrazione.

A tale riguardo, si osserva che, applicando questo principio, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito l’assoggettamento all’imposta di registro del 3% del contratto verbale di finanziamento dei soci menzionato nel verbale di assemblea straordinaria – soggetto a registrazione da parte del notaio rogante – di azzeramento del capitale per perdite e sua ricostituzione mediante rinuncia del credito derivante dal finanziamento in parola (Cass. 15585/2010): la menzione del finanziamento nell’atto di ripianamento perdite e contestuale ricostituzione del capitale sociale mediante la rinuncia al finanziamento medesimo, configura, secondo la Suprema Corte, la sussistenza del presupposto applicativo dell’enunciazione. Da quest’ultima consegue, quindi, la tassazione sia dell’atto enunciante che di quello enunciato.

Sul punto, si segnala, tuttavia, che parte della dottrina e la prassi notarile non ritengono condivisibile questo orientamento giurisprudenziale, in considerazione del fatto che sembrerebbero non soddisfatti i requisiti affinché si renda applicabile il predetto istituto dell’enunciazione. Ad esempio, secondo il Consiglio Nazionale del Notariato (studio 14.12.2011, n. 208-2010/T), il contratto di finanziamento, anche laddove se ne ravvisino i presupposti per l’enunciazione, cessa comunque i propri effetti proprio a seguito della remissione del debito effettuata con la delibera. Ciò nonostante, per scongiurare il rischio di imposizione dell’atto enunciato, la citata prassi notarile ritiene opportuno che la rinuncia dei soci al credito per finanziamento avvenga al di fuori di un verbale notarile, o comunque di qualsiasi verbale soggetto a registrazione: si potrebbe, dunque, procedere alla restituzione del finanziamento dei soci prima dell’adozione della delibera di aumento del capitale, qualora le casse sociali risultino sufficientemente capienti allo scopo. Allo stesso modo, anziché eseguire in un unico contesto l’aumento e la sottoscrizione del capitale, nonché la liberazione della sottoscrizione mediante rinuncia del socio al credito derivante dal finanziamento effettuato a favore della società, si potrebbe procedere con la sola deliberazione di aumento (in ossequio a quanto richiesto dall’art. 2436 c.c.), riservando in un secondo momento – e con differenti modalità, quali la forma orale o lo scambio di corrispondenza – l’esecuzione dell’aumento stesso, che non è parte della delibera assembleare. Analogamente, si potrebbe decidere di convertire preventivamente il finanziamento dei soci in versamento in conto capitale e di utilizzare, per l’aumento del capitale sociale, la riserva di patrimonio netto generata a seguito della conversione del finanziamento dei soci. In tutte le ipotesi appena descritte, infatti, la società eviterebbe di presentare alla registrazione un verbale contenente l’enunciazione del contratto di finanziamento del soci.

Bisogna altresì prestare attenzione al fatto che le predette soluzioni potrebbero essere contestate dall’Amministrazione Finanziaria, se considerate strumentali ad evitare l’assoggettamento alle imposte d’atto del finanziamento dei soci rinunciato (c.d. abuso di diritto).