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Crisi d’impresa, note di variazione IVA e soggetti legittimati

Il co. 3-bis, lett. a), dell’art. 26 del D.P.R. 633/1972, introdotto dal D.L. 73/2021 , stabilisce che il diritto all’emissione della nota di variazione IVA in diminuzione, di cui al precedente co. 2, è riconosciuto anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente, a partire dalla data:

  • in cui il debitore è assoggettato a una procedura concorsuale, individuata dal successivo co. 10-bis, se aperta dal 26 maggio 2021;
  • del decreto di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis del R.D. 267/1942, e artt. 48, 57, 60, 61 e 63 del D.Lgs. 14/2019);
  • di pubblicazione nel Registro delle Imprese di un piano attestato di risanamento (art. 67, co. 3, lett. d), L.Fall., e art. 56 del D.Lgs. 14/2019);

In virtù della formulazione del co. 3-bis, lett. a), dell’art. 26 del D.P.R. 633/1972, i cedenti o prestatori che possono procedere all’emissione del documento di rettifica in diminuzione dovrebbero essere, limitando l’analisi alle procedure concorsuali maggiormente diffuse, i creditori alla data:

  • della sentenza dichiarativa di fallimento o di apertura della liquidazione giudiziale;
  • di deposito della domanda di concordato preventivo, con la possibilità, tuttavia, di emettere la nota di variazione IVA soltanto a seguito del decreto di ammissione alla procedura, che sancisce l’apertura della stessa.

Il riferimento alla “domanda di concordato preventivo” (art. 161 del R.D. 267/1942 e artt. 40 e 44 del D.Lgs. 14/2019) trova giustificazione nell’art. 169 L.Fall. e nell’art. 96 del D.Lgs. 14/2019, che la equipara, ai fini degli effetti, alla sentenza “dichiarativa di fallimento” o di “apertura della liquidazione giudiziale” . A ciò si aggiunga che i debiti sorti dopo il ricorso ex art. 161 L.Fall. o artt. 40 e 44 del D.Lgs. 14/2019 – qualora derivanti da atti legalmente compiuti, in quanto di ordinaria amministrazione, oppure straordinari “urgenti” autorizzati dal Tribunale – sono prededucibili ai sensi dell’art. 111 L.Fall. e dell’art. 46, co. 4, CCI e, quindi, con prospettiva, alla data di apertura della procedura concorsuale, di soddisfazione integrale, escludendo così la sussistenza del diritto all’emissione della nota di variazione IVA in diminuzione.

Nel caso degli accordi di ristrutturazione dei debiti, invece, non essendo cambiata la normativa applicabile, ma soltanto il riferimento normativo (co. 3-bis, lett. a), in luogo del co. 2, dell’art. 26 del D.P.R. 633/1972), i soggetti legittimati all’emissione del documento di rettifica sono soltanto i creditori aderenti – spontaneamente, oppure “coattivamente” nell’ambito degli accordi ad efficacia estesa (art. 182-septies del R.D. 267/1942 e art. 61 del D.Lgs. 14/2019) – destinatari di una proposta di soddisfazione parziale (c.d. falcidiati). Per i creditori non aderenti agli accordi di ristrutturazione dei debiti (c.d. estranei), non dovrebbe, naturalmente, ricorrere il presupposto per l’emissione della nota di variazione IVA, in quanto devono essere soddisfatti integralmente, entro 120 giorni dalla scadenza del credito, oppure dall’omologazione se già scaduto a tale data. Il diritto alla rettifica potrebbe, pertanto, sorgere soltanto nel caso di mancata riscossione integrale nei suddetti termini, nonostante il decreto di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Analogamente, la nota di variazione IVA può essere emessa dai creditori del piano attestato di risanamento, purché pubblicato presso il Registro delle Imprese, ai quali sia stato proposto il pagamento parziale. Diversamente, nel caso di mancata iscrizione camerale del progetto di soluzione della crisi, troverebbe applicazione la disciplina di cui al co. 3, relativa agli accordi sopravvenuti tra le parti, che subordina il recupero dell’IVA alla condizione che non sia già trascorso un anno dall’effettuazione dell’operazione (art. 6 del D.P.R. 633/1972), altrimenti può essere emessa soltanto una nota di variazione “fuori campo IVA”.