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Concordato preventivo con continuità aziendale e controlli dei sindaci

Nel caso in cui la società abbia presentato un piano di concordato preventivo con continuità aziendale, avente ad oggetto la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, l’organo di controllo (Collegio Sindacale o Sindaco Unico) deve verificare che lo stesso sia conforme ai requisiti stabiliti dall’art. 186-bis del R.D. 267/1942. In particolare, il ricorso deve contenere, oltre a tutti i documenti e le informazioni di cui all’art. 161 del R.D. 267/1942, un’analitica descrizione dei ricavi e dei costi attesi dalla prosecuzione dell’attività dell’impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e dei corrispondenti strumenti di copertura.

La tematica è esaminata in dettaglio dalla norma di comportamento CNDCEC n. 11.7, secondo cui i sindaci – tempestivamente informati della delibera della società di depositare in Tribunale tale proposta – devono vigilare sull’adeguatezza degli assetti in relazione all’esigenza di continuare l’attività d’impresa, ovvero dell’opportunità di porre in essere altre operazioni che assicurino comunque la continuità.

I sindaci devono, inoltre, svolgere un controllo di legalità sull’osservanza della normativa di riferimento e, quindi, dell’art. 186-bis del R.D. 267/1942, che consente al debitore di continuare ad operare, pur potendo cedere i beni non funzionali all’esercizio dell’impresa. A questo proposito, la norma CNDCEC n. 11.7 raccomanda ai sindaci di verificare che, durante l’esecuzione, vengano rispettati i tempi e i contenuti prospettati nel piano.
La prosecuzione dell’attività comporta, inoltre, l’assolvimento di un duplice onere, il cui adempimento deve essere monitorato dall’organo di controllo:

  • il piano depositato dalla società deve contenere un’analitica descrizione dei costi e ricavi attesi in virtù della predetta continuazione, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;
  • la relazione del professionista di cui all’art. 161, co. 3, del R.D. 267/1942 deve attestare che la prosecuzione dell’attività d’impresa, prevista dal piano di concordato, è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

Conseguentemente, i sindaci – oltre a verificare che l’attestatore sia in possesso dei requisiti previsti dall’art. 67 co. 3 lett. d) del RD 267/1942 – de­vono riscontrare che tale professionista abbia asseverato non soltanto la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, ma pure che la pro­secuzione dell’attività rappresenta la soluzione più conveniente per i creditori, rispetto alle alternative concretamente praticabili, ovvero quelle di natura meramente liquidatoria.

Qualora siano state presentate delle proposte concorrenti a quella del debitore, ai sensi dell’art. 163, co. 4 e ss., del R.D. 267/1942, il Collegio Sindacale (o Sindaco Unico) deve altresì verificare che la relazione di attestazione si sia espressa pure con riferimento alla circostanza che la proposta di concordato presentata dalla società assicuri il pagamento di almeno il 30% dell’ammontare dei crediti chirografari, a norma del co. 5 della disposizione.