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Cessazione del pre-commissario giudiziale e determinazione del compenso

In costanza della domanda di concordato preventivo “in bianco”, la cessazione dell’incarico del pre-commissario giudiziale, per motivi diversi dalla revoca e della sostituzione, può verificarsi al ricorrere di uno dei seguenti eventi:

  • dichiarazione di inammissibilità della procedura, da parte del tribunale, anche nell’eventualità della rinuncia del debitore o di mancato deposito del piano nei termini fissati dal decreto di cui all’art. 161, co. 6, del RD 267/1942, oppure di violazione degli obblighi informativi periodici previsti dal successivo co. 8;
  • revoca della procedura, a norma dell’art. 173 del RD 267/1942 (compimento di atti di frode o senza le necessarie autorizzazioni);
  • deposito, entro la scadenza stabilita dal tribunale per la presentazione del piano e della proposta di concordato preventivo, dell’istanza di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis del RD 267/1942). Sul punto, peraltro, una parte della giurisprudenza di merito ritiene che il commissario giudiziale rimanga in carica sino all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, in quanto, al ricorrere di tale ipotesi, l’art. 161, co. 6, del RD 267/1942 fa salvi gli effetti prodotti in pendenza della domanda di concordato “in bianco”, tra i quali si dovrebbe reputare compresa anche la nomina del pre-commissario giudiziale e, quindi, lo svolgimento della relativa di vigilanza (Trib. Velletri 19.3.2014).

I criteri di determinazione dell’onorario del commissario giudiziale sono disposti dal D.M. 30/2012, che – essendo precedente all’introduzione della disciplina del concordato preventivo “in bianco” – non stabilisce, tuttavia, delle regole per la quantificazione dell’onorario del pre-commissario giudiziale. Le maggiori criticità si pongono nel caso in cui alla presentazione del ricorso “con riserva” non faccia, poi, seguito l’ammissibilità alla procedura di concordato preventivo. A questo proposito, il documento CNDCEC “Il commissario giudiziale nella fase prenotativa della procedura di concordato preventivo” non considera condivisibile la tesi di una parte della giurisprudenza di merito di ricondurre tale figura a quella dell’ausiliario del giudice, liquidando così il compenso in base al D.P.R. 30.5.2002 e all’art. 2 del D.M. 30.5.2002, avendo a riferimento l’attivo e il passivo sociale (Trib. Reggio Emilia 6.3.2013, e Trib. Rovereto 24.4.2014). A parere dei commercialisti, l’attività del pre-commissario giudiziale – il cui ruolo non può mai ridursi a quello di mero ausiliario del giudice (Cass. 11.4.2011, n. 8221) – non è analoga a quella del CTU.

Il CNDCEC ritiene che la liquidazione di tale compenso sulla base dell’attivo e del passivo risultante dal bilancio (Trib. Roma 9.10.2014), applicando gli specifici coefficienti minimi e massimi individuati dal D.M. 30/2012, debba essere assoggettata ad un’adeguata riduzione, in quanto tali percentuali ministeriali tengono conto anche delle attività ante e post omologazione, che non sono, invece, svolte dal pre-commissario giudiziale. La misura puntuale di tale abbattimento è, tuttavia, difficile da identificare, non essendo sufficiente considerare soltanto la durata dell’incarico, sottovalutando il profilo dell’impegno e della professionalità riconducibili all’attività del commissario giudiziale (anche) in costanza della fase “prenotativa” del concordato preventivo. Una soluzione potrebbe essere quella di determinare questa riduzione su un compenso calcolato in virtù dei margini di elasticità lasciati dal predetto Decreto, in particolare calibrando l’oscillazione tra minimi e massimi previsti alla variabile complessità dell’incarico: potrebbe, inoltre, essere opportuno prospettare in modo esplicito – già in sede di Decreto di fissazione del termine di cui all’art. 161, co. 6, del RD 267/1942, come, peraltro, riscontrabile nella prassi di diversi tribunali – le somme destinate a soddisfare il compenso del commissario giudiziale, per l’attività svolta nel periodo tra la propria nomina e il deposito del piano e della proposta di concordato preventivo, nonché della documentazione di cui all’art. 161, co. 2 e 3, del RD 267/1942. Tale rimedio è ritenuto preferibile dal CNDCEC, anche sul presupposto di ritenere invocabile l’applicazione analogica dell’art. 163, co. 2, n. 4), del RD 267/1942 e, quindi, il deposito da parte del ricorrente, su ordine del tribunale, di una somma per sostenere le spese della procedura. Il versamento di un importo vincolato alla liquidazione del compenso del pre-commissario giudiziale potrebbe, tra l’altro, contribuire a dimostrare la serietà dell’iniziativa intrapresa dal debitore e la reale volontà di presentare effettivamente il piano e la proposta e non, quindi, di utilizzare lo strumento della domanda di concordato preventivo “in bianco” in maniera abusiva, ovvero ai soli fini dilatori del fallimento.

Il CNDCEC ha, infine, osservato che l’eventuale nomina del commissario giudiziale in composizione plurima non comporta la liquidazione del relativo compenso in rapporto al numero dei professionisti nominati, in quanto tale onorario è determinabile al termine della procedura e secondo il principio di unicità dello stesso e della sua misura nei limiti stabiliti per la composizione unitaria dell’organo. Conseguentemente, il compenso spettante al commissario giudiziale – determinato in base ai parametri stabiliti dal D.M. 30/2012 – è unico, e da dividersi tra i componenti (Trib. Benevento 29.8.2013): naturalmente, se la complessità della procedura ha indotto a nominare il commissario giudiziale in composizione plurima, il medesimo motivo sarà certamente tenuto nella dovuta considerazione ai fini della quantificazione del compenso.