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Gli accordi di ristrutturazione dei debiti

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 57, 60 e 61 del D.Lgs. 14/2019) rappresentano uno strumento negoziale di regolazione della crisi e dell’insolvenza, e sono soggetti all’omologazione del Tribunale.

Il loro obiettivo, pur potendo avere finalità meramente liquidatorie, è  consentire il salvataggio e del risanamento dell’impresa, assicurando ai creditori «non aderenti» e/o «non coinvolti»  l’integrale soddisfazione del credito, entro 120 giorni dalla scadenza dello stesso (o dall’omologazione se già scaduto a tale data).

Con gli accordi di ristrutturazione dei debiti l’imprenditore continua a dirigere la propria impresa, potendo usufruire di alcuni benefici, come la sospensione degli obblighi civilistici di ricapitalizzazione e il divieto, per i creditori, di avviare o proseguire azioni esecutive o cautelari sui beni compresi nel patrimonio del debitore.

Gli accordi devono essere stipulati con tanti creditori che rappresentano almeno il 60% dei passivo (“accordi di ristrutturazione dei debiti ordinari”), oppure il 30% (“agevolati”) o il 75% dei crediti appartenenti alla medesima categoria omogenea (“ad efficacia estesa”): possono riguardare anche i crediti tributari e contributivi, previa formulazione di apposita proposta di transazione fiscale e previdenziale (art. 63 CCII).

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, analogamente al piano attestato di risanamento e al concordato preventivo, necessitano dell’attestazione di un professionista indipendente, avente ad oggetto la veridicità dei dati aziendali su cui si fonda il piano e la fattibilità della proposta, con la particolarità che – nel caso di accordi di ristrutturazione dei debiti “ordinari” – deve anche esprimersi sull’idoneità della stessa a garantire il pagamento integrale dei creditori estranei entro 120 giorni dalla scadenza dei relativi crediti o dall’omologazione se già scaduti a tale data.

Con il decreto di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 48, co. 4, CCII), il Tribunale può nominare un Commissario Giudiziale (o confermare quello già nominato ai sensi dell’art. 44, co. 1, lett. b), CCII nell’ambito della domanda “in bianco”): la nomina è disposta in presenza di istanze per la apertura della procedura di liquidazione giudiziale, quando è necessaria per tutelare gli interessi delle parti istanti.