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Cessione d’azienda e successione nei contratti

L’art. 2558, co. 1, c.c. stabilisce che, se non è pattuito diversamente, il cessionario dell’azienda subentra in tutti i rapporti giuridici in essere relativi all’azienda ceduta, ad eccezione di quelli di natura personale legati alla figura dell’imprenditore. La disposizione è applicabile agli atti stipulati per l’esercizio dell’attività imprenditoriale, come quelli commerciali con clienti e fornitori, quelli assicurativi o di agenzia (Cass. 13651/2004), sempreché non siano soggetti ad una specifica diversa disciplina (Cass. 7517/2010).

Il trasferimento dei contratti è, tuttavia, prospettabile soltanto se le prestazioni indicate negli stessi non sono state ancora eseguite, ovvero non sono esaurite, alla data di cessione dell’azienda: diversamente, non si è in presenza del trasferimento di un contratto, ma di una cessione di crediti o debiti, soggetta ad altre norme civilistiche (artt. 2559 e 2560 c.c.).

L’art. 2558, co. 2, c.c. riconosce al terzo contraente la facoltà di non accettare il subentro del cessionario dell’azienda, purchè sussista una giusta causa, come nel caso in cui – per effetto dell’alienazione – subisca un pregiudizio dovuto a minori garanzie patrimoniali del subentrante-acquirente, rispetto all’originario contraente-cedente dell’azienda: al ricorrere di tale ipotesi, può recedere dal contratto, entro tre mesi dalla notizia del trasferimento. In mancanza, i contratti si trasferiscono unitamente all’azienda, e l’acquirente – che sostituisce l’alienante nel rapporto contrattuale – diventa unico responsabile dell’esecuzione del contratto stesso.

L’art. 2558 c.c. contempla, inoltre, l’eventuale pattuizione contraria delle parti al trasferimento dei rapporti, a condizione che venga portata a conoscenza dei terzi per essere loro opponibile: in difetto, i terzi sono legittimati a ritenere che i contratti sono stati trasferiti all’acquirente, con l’effetto che risultano validi tutti gli atti compiuti con l’acquirente subentrante (adempimenti, proroghe, novazioni, ecc.).

Nel caso dei contratti di lavoro dipendente, la predetta disciplina è integrata dall’art. 2112, co. 1, c.c., secondo cui – in caso di trasferimento d’azienda, così come definito dal successivo co. 5 – il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano (anzianità di servizio, godimento delle ferie maturate, mensilità aggiuntive e trattamento di fine rapporto).

Il co. 2 della disposizione precisa, inoltre, che il cedente e il cessionario sono responsabili in solido per i crediti maturati dal lavoratore al tempo del trasferimento. Peraltro, è espressamente stabilito, al seguente co. 3, che il cessionario è tenuto ad applicare, fino alla scadenza, i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi vigenti alla data del trasferimento, salvo che siano sostituiti da altri contratti applicabili all’impresa del cessionario. In ogni caso, il trasferimento dell’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento, ferma restando la facoltà di recesso prevista dalla normativa in materia di licenziamenti: se le condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento dell’azienda, al lavoratore è, infatti, riconosciuto il diritto di rassegnare le dimissioni (artt. 2112, co. 4, e 2119, co. 1, c.c.).

Fermo restando che, qualora l’azienda ceduta occupi più di 15 dipendenti, deve essere altresì attivata la procedura preventiva di informativa e consultazione sindacale (artt. 47 della Legge 428/1990 e 4, co. 3, del D.Lgs. 14/2019).