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L’accantonamento del TFM amministratori

La disciplina civilistica, a differenza di quella fiscale, ricomprende il trattamento di fine mandato dei componenti dell’organo di gestione nell’ampia accezione di compenso, la cui previsione è riservata all’esclusiva competenza dell’assemblea dei soci (artt. 2364, co. 1, e 2389 c.c.).

La normativa tributaria distingue, invece, tra il compenso amministratori – deducibile dal reddito dell’impresa secondo il principio di cassa, ovvero nel periodo d’imposta di effettivo pagamento dello stesso (art. 95, co. 5, del D.P.R. 917/1986) – e l’accantonamento al TFM, disciplinato dall’art. 105, co. 4, del Tuir. Quest’ultima disposizione, operando un rinvio al precedente co. 1, stabilisce che tale costo è soggetto al medesimo regime prescritto per gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e a quelli di previdenza del personale dipendente (art. 2217 c.c.), deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio, in conformità delle disposizioni legislative e contrattuali che regolano la collaborazione coordinata e continuativa con la società amministrata. Analogamente, il richiamo del co. 2 comporta che gli eventuali maggiori accantonamenti effettuati, per finalità di adeguamento del fondo rese necessarie da sopravvenute modifiche normative o retributive, sono deducibili sempre nell’esercizio di competenza, identificato da quello di efficacia della novità in parola, oppure in quote costanti, nel periodo d’imposta stesso e nel successivo.

L’Agenzia delle Entrate è, invece, dell’avviso che la corretta applicazione dell’art. 105, co. 4, del Tuir non possa prescindere da quanto previsto, in capo all’amministratore beneficiario dell’accantonamento al TFM, dall’art. 17, co. 1, lett. c), del D.P.R. 917/1986 – per effetto del quale costui può beneficiare della tassazione separata, “se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto” –  espressamente richiamato dalla predetta disposizione sul reddito d’impresa (R.M. 211/E/2008), e riguardante, tra l’altro, le indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 50, co. 2, lett. c-bis), del Tuir, comprendenti dunque anche quelle previste in relazione all’incarico di amministratore. Il documento di prassi in parola ritiene, in particolare, che il predetto rinvio debba rigorosamente ed esclusivamente intendersi quale specifico riferimento ai rapporti risultanti da atti aventi data certa anteriore all’inizio del rapporto: in altri termini, l’insussistenza di tale condizione determina l’impossibilità di invocare, nell’esercizio di competenza, la deducibilità dell’accantonamento al TFM, comunque rilevante, ai fini IRES, nel periodo d’imposta dell’effettivo pagamento delle relativa indennità di fine mandato. L’orientamento dell’Agenzia delle Entrate richiede dunque, ai fini della deducibilità per competenza dell’accantonamento al TFM, la preventiva formazione del verbale assembleare di nomina degli amministratori, e la successiva accettazione da parte di costoro: in alternativa, può comunque essere altrettanto valida la procedura fondata sulla preventiva comunicazione sociale al singolo amministratore, avente data certa e contenente l’indicazione della volontà assembleare di nominare il destinatario della missiva come componente dell’organo di gestione, riconoscendogli il diritto al trattamento di fine mandato.

Tale orientamento non è condiviso dalla dottrina, come riscontrabile, ad esempio, dal parere Cndcec 1/2009, nonché dalla norma di comportamento dell’Aidc Milano 180/2011, che ritiene – a dispetto di quanto sostenuto nel precedente documento 125/1995 – sempre deducibile ai fini Ires, in base al principio di competenza, l’accantonamento di tale indennità previsto da una deliberazione assembleare. In altri termini, contrariamente a quanto riportato nella R.M. 211/E/2008, non rileva il fatto che il diritto all’indennità venga stabilito anteriormente all’inizio del rapporto, in sede di nuova nomina di amministratori il cui mandato è scaduto, ovvero in costanza dello stesso. La norma di comportamento Aidc Milano 180/2011, coerentemente con la posizione del Cndcec, ribadisce che il richiamo dell’art. 17, co. 1, lett. c), del D.P.R. 917/1986 operato dal successivo art. 105, co. 4, del Tuir si riferisce esclusivamente alla tipologia di reddito – ovvero l’indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, comprendenti l’incarico di amministratore, di cui all’art. 50, co. 1, lett. c-bis), del D.P.R. 917/1986 – e non, invece, ai presupposti previsti per l’applicazione della tassazione separata.

Il rinvio in parola è diretto, infatti, soltanto all’individuazione degli accantonamenti deducibili, e non anche alle condizioni richieste ai fini della deducibilità in capo alla società erogante: in caso contrario, l’art. 105, co. 4, del Tuir avrebbe dovuto recitare che “le disposizioni dei co. 1 e 2 valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all’art. 17, co. 1, lett. c), d) e f) ed al verificarsi delle condizioni ivi previste”. L’Aidc di Milano propone, inoltre, la medesima ricostruzione normativa formulata nel parere Cndcec 1/2009, riguardante l’evoluzione della disciplina fiscale di compensi amministratori – inizialmente deducibili per competenza e, poi, in base al principio di cassa – e quella degli accantonamenti al TFM, sempre rilevanti, ai fini Ires, nell’esercizio di imputazione a conto economico. Il mutamento del contesto normativo in commento è, pertanto, tale da escludere un presunto intento anti-elusivo insito nell’art. 105, co. 4, del Tuir, prospettabile, invece, nell’art. 17, co. 1, lett. c), del D.P.R. 917/1986, che pone a carico dell’amministratore percettore l’onere della prova della data certa, al fine di scongiurare accordi simulati, a posteriori, con la società.